V DOMENICA DI PASQUA 10 MAGGIO 2020

La scorsa domenica la liturgia ci ha introdotti a vivere l’esperienza pasquale riconoscendo in Gesù il Pastore vero dell’uomo rinnovato nella sua Morte e Risurrezione.
“Eravate erranti come pecore, ma ora siete stati ricondotti al pastore e custode delle vostre anime” (1Pt.2, 25), così ci ha ricordato l’Apostolo Pietro.
Il peccato ci aveva dispersi; era stata la divisione, il ritrovarci gli uni contro gli altri, l’egoismo e la superbia la causa della nostra debolezza per cui eravamo divenuti preda facile di lupi rapaci.
La mancanza del Pastore, della guida, della difesa, della luce, ci ha fatto errare nel deserto di questo mondo alla ricerca di ciò che sembrava potesse essere la nostra forza, la nostra salvezza, la nostra “riuscita”. Eravamo smarriti, come un gregge senza guida (cfr. Is. 53,6)
Gesù ci ha raccolti chiamandoci a seguirlo nella scoperta di una vita nuova. Ci ha invitati a cambiare dimora, a stare con Lui, nella casa del Padre suo.
Vivere la Pasqua è vivere la vita nuova, in una nuova dimora, nella casa del Padre.
Il battesimo, che abbiamo ricevuto, ci ha introdotto nella casa del Padre come figli amati e comprati a caro prezzo, con il sangue prezioso del suo figlio, il Crocifisso-Risorto.
E’ in questa casa, in questa nuova famiglia, nella Chiesa santa di Dio, che si trova la nostra dimora.
Stare in Dio, come Gesù è nel Padre ed il Padre in Gesù. E’ la dimora preparata per noi.
E’ lo stare di Gesù nel Padre che, in lui, fa agire il Padre. “Il Padre, che rimane in me, compie le sue opere” (Gv 14, 10).
E’ la profonda unione di ciascuno di noi in Gesù che fa compiere alla Chiesa le opere del Padre: ” Chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre (Gv. 14, 12).
Da dove ha origine la vita nuova nella verità se non da questa profonda unione?
Da dove nasce la gioia e la forza della Pasqua se non da questa esperienza di “essere in Dio”?
La vita della Chiesa, cioè la vita dei cristiani nella Chiesa, non può esistere senza questo presupposto di profonda intimità in Dio.
La forza dell’amore non nasce dalle organizzazioni umanitarie, che pure operano tanto bene, ma dalla vita in Cristo.
E’ l’essere in Cristo, “via, verità e vita”, che anima le opere dell’amore che tornano a vantaggio dell’uomo.
Capita, a volte, che anche gesti umanitari non mancano di interesse personale e si risolvono nella ricerca del bene proprio, velato dall’impegno per gli altri.
L’amore vero, quello gratuito, senza altro scopo non solo di lucro, è quello che ha come unico modello ed origine colui che è l’Amore. E’ Dio, che Gesù ci ha insegnato a chiamare “Padre nostro” che è il modello che si rispecchia nella famiglia umana, nella paternità e maternità che non ha altro interesse che “donare”. Donare la vita, donare la gioia, donare l’amore, custodire, guidare, senza alcuna ricompensa ma solo per dare un senso vero all’esistenza.
E’ questa la Pasqua, ed è qui che nasce la vita della Chiesa, dove ciascuno con Cristo “pietra viva” viene costruito “quale pietra viva come edificio spirituale”.
Una Chiesa che, come insegna S. Pietro nella sua prima lettera, diventa “stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa”.
Una Chiesa che conosce la fragilità umana, quale la mormorazione: “quelli di lingua greca mormorarono contro quelli di lingua ebraica” …, conosce le fazioni e gli scontenti, ma sa ritrovarsi in unione per trovare, con la guida dello Spirito Santo, ciò che è buono e ciò che la identifica nella sua missione specifica: la preghiera ed il servizio della parola, affidando a ciascuno, secondo la pienezza di fede e di Spirto santo, il suo compito e la sua responsabilità nella comune costruzione della Chiesa.
E’ un cammino umile, faticoso, ma necessario quello di fare un vero discernimento nella vita delle nostre comunità per non cadere nelle trappole degli “atteggiamenti previ”: la ricchezza, la rigidità, l’accidia, il clericalismo, lo spirito mondano, come li ha stigmatizzati Papa Francesco in questi giorni nella sua omelia della messa a S. Marta, che “non ci lasciano andare avanti nella conoscenza di Gesù” e ci impediscono di vivere l’esperienza ricca e gioiosa della Pasqua.